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Grotte di San Michele

Nel 1668, nei pressi della Chiesa di Santa Maria dell’Ospedale, nella zona di Via Gradoni e Cancelli, si costruì un conservatorio per accogliere le fanciulle orfane e bisognose. Tale opera fu possibile grazie ad una cospicua somma di denaro donata dal parroco di Santa Croce Nicolandrea Balzano, morto a seguito dell’epidemia di peste del 1656.Nel 1683 l’arcivescovo di Napoli, Innico Caracciolo, chiamò, per dirigere il Conservatorio, Suor Serafina da Capri, che lo riformò facendogli adottare la regola Teresiana. Il nuovo monastero era intitolato alla Immacolata Concezione e accoglieva le giovani della città e di altre località.

Nel 1696 le monache chiesero ed ottennero il permesso di edificare un nuovo e più spazioso complesso sulla Via di Capo la

Torre (attuale Via Diego Colamarino), perché i locali di quello esistente erano diventati insufficienti ad ospitare le giovani. Si trasferirono nel nuovo complesso il 23 Giugno 1706.

Fu completato dapprima il Convento, a forma quadrata  con chiostro centrale, al quale fu dato il nome di Conservatorio dell’Immacolata Concezione, come il precedente e solo nel 1727 fu terminata la Chiesa.

A seguito dell’eruzione del 1794 la Chiesa fu invasa dalla lava e ne fu sepolta per metà della sua altezza: l’attuale ingresso della Chiesa superiore, infatti corrisponde al finestrone di quella antica.

Le suore abbandonarono il complesso, scapparono a Napoli nella casa del Rione Materdei e non fecero più ritorno a Torre del Greco.

Nel 1803 il complesso fu affidato alla Congrega del SS. Sacramento e San Michele che ricostruì la Chiesa intitolandola a San Michele Arcangelo. La parte sepolta dalla lava, corrispondente all’antico piano, fu adoperata come Terra Santa per le sepolture: attualmente della Chiesa inferiore non rimane che il perimetro, privo di ogni decorazione. Sono visibili dei recinti di terreno per la sepoltura dei morti, oltre a botole  d’accesso a vani sottostanti utilizzati come ossari.

Caratteristico è l’ingresso costeggiato da un lembo di lava che non riuscì a penetrare all’interno.

La Chiesa superiore ricostruita sul perimetro e utilizzando i muri non sepolti dell’inferiore, risulta più bassa e con una forma poco proporzionata. A navata unica, termina con l’altare maggiore sormontato da una tela raffigurante l’Ultima Cena; rilevanti sono le statue di San Pasquale e dell’Immacolata. Alla sinistra dell’ingresso attuale una scala in pietra conduce al livello ipogeo.

Il monastero, anch’esso particolarmente affrescato, in parte fu distrutto dalla lava ed è oggi adibito ad abitazioni private.

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L’ANTICA SACRESTIA

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La parte più interessante dell’antico complesso è la sacrestia, affrescata su tutte le sue pareti. Questo ambiente è formato da due vani concettualmente separati da un arco ribassato. Pareti e soffitti sono riccamente affrescati secondo il gusto dell’epoca, rappresentando prevalentemente finte architetture con lo scopo di dilatare lo spazio.

Nel primo vano, in tre riquadri sulle pareti, sono dipinti episodi della vita di santa Teresa; al centro della volta, in un riquadro, vi è rappresentato l’Eterno Padre con la colomba dello Spirito Santo; tutto intorno, in medaglioni, vi sono raffigurati simboli mariani . Fra le decorazioni poste sull’arco è inserita la loro data di realizzazione: 1714.

Nel secondo vano la volta è completamente affrescata  ed è raffigurata la Madonna in gloria circondata dagli Angeli, opera attribuita, secondo alcune ipotesi a Paolo De Matteis o ad un suo allievo, secondo altre a Nicola Malinconico, imitatore del Giordano, autore della tela raffigurante S. Michele posta sull’altare maggiore della chiesa di Anacapri, che definiva se stesso erede dello “scettro della Pittura napoletana” che “da Luca Giordano era passato a lui”.

fonte: Gruppo Archeologico Vesuviano
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